Reggia di Caserta, fasti regali ed abbandono
La Reggia di Caserta, o Palazzo Reale di Caserta, parte dell’inestimabile patrimonio storico culturale del nostro meraviglioso paese, è una dimora storica appartenuta alla casa reale dei Borbone di Napoli, proclamata Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.
Situata nel comune di Caserta, fu fortemente voluta dal re di Napoli Carlo di Borbone, desideroso di dare una degna sede di rappresentanza al governo della capitale Napoli e al suo reame che reggesse il confronto con quella di Versailles. La scelta di Caserta non fu casuale ma nacque dall’amore del re per l’affascinante paesaggio casertano e dalla strategica necessità di rendere i palazzo reale meno vulnerabile di quanto lo sarebbe stato a Napoli, soggetto ad attacchi dal mare dei pirati africani.
In termini di volume, la reggia di Caserta è la più grande residenza reale del mondo con oltre 2 milioni di metri cubi di estensione.
Il progetto faraonico venne assegnato dal re all’architetto Luigi Vanvitelli; i lavori durarono complessivamente diversi anni e alcuni dettagli rimasero incompiuti. Nel 1759, infatti, Carlo di Borbone di Napoli salì al trono di Spagna (con il nome di Carlo III) e lasciò Napoli per Madrid ed il palazzo reale manca della cupola e delle torri angolari previste inizialmente.
Ora… sarebbe motivo di grande orgoglio patriottico potervi raccontare di una visita estasiante, circondati da ordine, pulizia, educazione e rispetto, ma la insanabile piaga nazionale del degrado e dell’abbandono non ha risparmiato questo capolavoro in termini tali da indignare anche il turista più sprovveduto e meno documentato.
Togliamoci subito questo peso dicendo che l’abbandono riguarda ormai anche i visitatori: oltre 1 milione a fine millennio, poco più di 500 mila nel 2012. Dimezzati in meno di quindici anni. All’interno lavorano a pieno ritmo i venditori ambulanti, senza licenza, che spadroneggiano come se fossero i veri padroni del territorio. Loro fanno affari, mentre i malcapitati turisti sono costretti a girare a piedi nel gigantesco parco della Reggia: i bus destinati a questo servizio sono fermi, e nessuno sa dire quando torneranno a funzionare.
Alternativa alla passeggiata da maratoneti è un giro in carrozzella, trainata dai cavalli, per la “modica” cifra di 50 euro. Girando nel parco, poi, bisogna fare attenzione ai ragazzi che giocano a pallone nei prati, all’auto del dipendente che circola nei viali (in teoria per sorvegliare il monumento), alla lastra di amianto abbandonata come in una discarica, alla tegola che ti può cadere in testa perché intanto interi pezzi delle facciate si stanno sfarinando; i lavori di restauro, infatti, procedono a singhiozzo stante l’erogazione con il contagocce dei 22 milioni di euro stanziati per il recupero e la conservazione del monumento.
Il degrado esterno, che si vive come un autentico pugno nello stomaco misto ad un feroce senso di impotenza, non è altro che il biglietto da visita dello stato degli interni, che conservano sì bellezza e ricchezza, ma dove i preziosissimi pavimenti sono sbeccati, distrutti, devastatati da enormi macchie rosse come quelle nella sala della Primavera, dell’Estate, dell’Autunno. E questo perché?
Perché, nonostante lo sfacelo, ci sono ancora una media di millecinquecento persone che ogni giorno visitano la Reggia di Caserta e i loro passi danneggiano irrimediabilmente i pavimenti settecenteschi, che un tempo erano protetti dalle guide di camminamento. Un giorno, una decina di anni fa, per chissà quale motivo (sicuramente non preservativo…) un sovrintendente decise di rimuoverle e, ad oggi, nonostante i visibili effetti negativi, nessuno ha pensato di ripristinarle.
Proviamo adesso a togliere l’amaro dalla bocca, il nodo dallo stomaco ed il velo di rabbia dagli occhi e, come in un viaggio a ritroso nel tempo, affrontiamo la visita di tanta meraviglia cercando di cogliere al meglio le straordinarie caratteristiche architettoniche, decorative e paesaggistiche quali dovevano essere all’epoca del gran lustro del regno borbonico.
Prendetevi una intera giornata di tempo, magari organizzandovi per un pic-nic da consumare all’ombra degli alberi del parco, per avere la certezza di non tralasciare troppe cose (non abbiate l’aspettativa di vedere tutto… non ce la fareste!)
Il parco reale di Caserta si estende per 3 chilometri di lunghezza, con sviluppo Sud-Nord, su 120 ettari di superficie. In corrispondenza del centro della facciata posteriore del palazzo si dipartono due lunghi viali paralleli fra i quali si interpongono una serie di suggestive fontane (che offrono anche un punto di appoggio ai visitatori che, di fontana in fontana, dimenticano la fatica e le distanze), tra le quali la straordinaria fontana di Diana e Attenone, sovrastata dalla Grande Cascata che, partendo dal limitare settentrionale del Giardino all’italiana, collegano a questo il Giardino all’inglese.
Appena entrati nel palazzo si resta storditi dalle dimensioni; tutto è grande, tutto è enorme. E se noi, viaggiatori moderni, abituati ai grattacieli ed agli “issimi” della nostra civiltà, ne siamo impressionati, immaginiamo come ci si potesse sentire qualche secolo fa.
Lo scalone che porta ai piani superiori è fantastico, e non soprende che sia stato il set di tanti film e serie televisive. Un colpo d’occhio incredibile.
La scalinata arriva ad un enorme vestibolo, al centro di tutto il complesso; da qui si accede alla Cappella Palatina (ci si può solo affacciare) e agli appartamenti reali. Tranquilli, non ci si può perdere, basta seguire le indicazioni che ci guidano lungo il percorso, che inizia dalle enormi stanze di rappresentanza, per arrivare a quelle private, che seppure di dimensioni ridotte, conterrebbero un moderno e comodo quadrilocale + servizi.
C’è tanto da vedere, e tanta storia da conoscere, per cui, avendo l’intenzione di approfondire quello che viene offerto ai nostri occhi, è necessario arrivare abbastanza preparati e munirsi di una guida cartacea, oppure affidarsi ad una delle guide per comitive disponibili che sono sì preparatissime in storia dell’arte ma che, per velocità, sono anche campioni di corsa campestre…
Segue!