“Una finestra aperta sul passato”
L’ho sentito dire da Alberto Angela e quindi risulta difficile da contestare per quanto abbia dell’incredibile, ma pare che l’incredulità sia lo stato d’animo tipico per chi si ritrova in questo luogo: secondo i Bastille quello provarono gli stessi pompeiani di fronte alla colonna di fumo che spuntava dal Vesuvio (“se chiudi gli occhi è come se nulla fosse cambiato”), eppure questa è la sensazione che domina oggi mentre, dopo 1500 anni di indizi per riportarlo alla luce, si passeggia nel sito archeologico più esteso al mondo.
La storia è, a grandi linee, nota a tutti: siamo agli albori dell’Impero Romano, più precisamente anno domini 79 d.c. quando un vulcano camuffato da montagnadecide, dopo avvisaglie in forma di terremoti, di darsi una scossa e cambiare veste: il Vesuvio non è altro che un cono vulcanico più giovane cresciuto nella caldera di un edificio vulcanico più antico, il Somma, proprio a partire dall’eruzione del 79 d.c.; prima di allora chi viveva su quelle pendici non si attendeva quanto sarebbe accaduto, ossia che nel giro di due giorni (24-25 agosto) Pompei, in sfortunata staffetta con Ercolano e Stabia, venisse letteralmente nascosta da metri di ceneri e lapilli e dimenticata, quasi un’isola di Atlantide, sino alla metà del ‘700, quando, per una serie di fortunati ritrovamenti, la ricerca dell’antica città divenne sistematica e riportò alla luce l’intero sito archeologico.
Ma la tragedia è stata il nostro inizio, infatti è da quell’evento che originano i sentieri da seguire per conoscere questo luogo.
Il più “immediato” è indubbiamente quello del percorso archeologico che ha il pregio di catapultarci letteralmente in un paesaggio di quasi 2000 anni fa: se anche non foste fanatici dell’aspetto culturale legato alla conoscenza di usi e costumi così incredibilmente simili agli attuali, credo possiate difficilmente restare indifferenti al fascino che suscita il camminare in luoghi che sono rimasti pressoché intattirispetto al passato, come se girando l’angolo correste il rischio di incontrare quell’uomo che un secondo fa era un calco che sembrava schiacciare un pisolino tra le antiche rovine. Ecco, quel brivido che corre lungo la schiena non è il gelo invernale di questa estate 2015, ma il fascino del luogo.
Da questo punto di vista il sito della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici per Pompei, Ercolano e Stabia fornisce in maniera strutturata e dettagliata tutte le informazioni per organizzare e godersi la visita: orari di apertura, costi dei biglietti, piantine e percorsi tematici sono tutti a portata di mouse perché vi facciate un’idea del da farsi prima della partenza ed evitiate di perdervi per la foga di voler vedere tutto. Vi diamo però quattro consigli per sfruttare al meglio le informazioni che trovate condensate nel sito della Soprintendenza:
1) partite dalla “calibrazione della visita” in base al tempo a disposizione;
2) sbirciate la breve, ma altrettanto curiosa pubblicazione della Soprintendenza che racconta la storia dei calchi umani di Pompei;
3) considerate l’ipotesi di una visita notturna che aggiunge la suggestione del buio a quella del luogo e mette al riparo dal caldo estivo;
4) verificate se non ci sia qualche mostra curiosa all’Antiquarium Nazionale di Boscoreale che, con una breve divagazione di 6 km, potrebbe darvi una particolare chiave di lettura di questi luoghi.
Il secondo sentiero è in realtà una costola del primo, poiché si inserisce in quella corrente di pensiero che cerca di valorizzare il patrimonio storico- artistico dello Stivale illuminando il passato attraverso le passioni del presente.
Per gli aficionados dell’opera che ormai ritengono demodé l’Arena di Verona, il Pompei Festival è la soluzione ideale per unire le serate di fine estate allo scenario del Teatro Grande degli Scavi, mentre nella seconda metà di Ottobre i patiti di enologia potranno soddisfare la propria curiosità golosa assistendo alla vendemmia dell’uva da cui prenderà vita il pregiato vino Villa dei Misteri, figlio delle tecniche di viticoltura di duemila anni fa. Infine un percorso espositivo bi-localizzato, quello di “Pompei e l’Europa, 1748 – 1943“, che, concepito per promuovere il sito archeologico nel periodo in cui i riflettori dovrebbero essere puntati sull’Italia per Expo 2015, vuole sottolineare, attraverso il percorso presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il fascino che questa città ha suscitato (e continua a suscitare) sugli artisti e nell’immaginario europeo e, attraverso l’esposizione presso l’Anfiteatro degli scavi di Pompei, l’importanza dell’impegno continuo per “una conoscenza e una tutelaquanto mai approfondita e capillare, in grado di assicurare una conservazione e una fruizione pensata e adeguata” di questo contesto e, perché no, aggiungiamo noi più in generale delle nostre italiche ricchezze.
E fino a qui abbiamo sbirciato nel passato, ma se è innegabile che, pronunciato il nome, si pensi a un pennacchio di fumo e a un uomo “imbalsamato”, è altrettanto legittimo chiedersi se esista una Pompei moderna. La risposta è affermativa considerato che la città non comprende solo il sito archeologico, ma ha una sua quotidianità da ventunesimo secolo, tuttavia solo due sono gli aspetti degni di nota.
Il primo appare quasi ironico, considerata l’importanza e l’estensione della “città pagana”: la “città nuova” deve il suo sviluppo alla figura di un beato, tale Bartolo Longo, che, brindisino di origini, giunse a Pompei alla fine dell’800 incaricato di curare i possedimenti della contessa Marianna Farnararo de Fusco, conosciuta durante il precedente soggiorno napoletano. La storia racconta di un uomo che in queste terre trovò la sua vocazione e salvò sé stesso diffondendovi il culto della Madonna del Rosario. Non si può certo ridurre questa figura a quella di promotore della costruzione della basilica nota come Santuario della Madonna del Rosario di Pompei, tuttavia è questo il simbolo della “città nuova”, divenuta uno dei maggiori centri di devozione mariana d’Italia.
Infine, basta guardarsi intorno dall’alto del campanile del Santuario, per capire che, come in passato, Pompei può essere prediletta per la sua posizione geografica strategica: le terre fertili vicine alla costa che favorirono uno sviluppo non solo agricolo, ma anche culturale e commerciale comprendendo esportazione di vine e olio in tutto il Mediterraneo, oggi sono granaio di ricordi del passato e punto di partenza per divagazioni naturalistiche attraverso il Parco Nazionale del Vesuvio e il Parco Regionale dei Monti Lattari, marine passando da Sorrento allaCostiera Amalfitana o, per i nostalgici che non riuscissero ad abbandonare Pompei tutto d’un tratto, sul tema storico e archeologico con Oplonti, Ercolano, Boscoreale e Stabia.
Laura Alice&ilGatto Antoniolli