Viaggio nella calabrese Cerenzia sulle tracce di Dante Alighieri.
Cosa lega Dante Alighieri e la sua celebre “Divina Commedia” con la cittadina calabrese di Cerenzia nella Sila crotonese? Apparentemente nulla, ma secondo lo storico e romanziere Coriolano Martirano, il padre della lingua italiana avrebbe trascorso proprio nella cittadina calabrese parte del proprio esilio, presso uno dei tanti monasteri cistercensi andati distrutti nel corso dei secoli presso il quale si erano rifugiati alcuni Templari per sfuggire al Papa ed al Re di Francia che proprio non gradivano le loro posizioni. La storia certa narra di una presenza del Vate fiorentino a Napoli presso la Corte angioina da dove, questa la fabula narrata da Martirano, avrebbe raggiunto Cosenza e Cerenzia affiancando l’ allora vescovo di Siena che proprio a Cerenzia avrebbe accettato il priorato del citato monastero cistercense allora famoso per la sua biblioteca che, come racconta Coriolano Martirano, nascondeva parte dell’ archivio del Tempio di Gerusalemme portato in Italia dall’ imperatore romano Tiberio. La notizia è talmente stravagante e strana da sembrare vera, i collegamenti fra Cerenzia ed il suo territorio da un lato e la “Divina Commedia” dall’alto paiono numerosi e così una gita a Cerenzia potrebbe rappresentare un’interessante proposta per i lettori di “Racconti di Viaggio”. Pronti? Andiamo!
La cittadina è solitamente raggiunta da un buon numero di turisti che rimangono affascinati dai due centri storici che caratterizzano Cerenzia. La città vecchia a sud dell’ attuale centro abitato comodamente raggiungibile sia da Crotone che da Cosenza con la strada statale 107 fu abitata sino al 1500 quando, a causa della malaria, i suoi cittadini trasferirono le proprie abitazioni in una posizione più salubre sulla collina su cui, ancora oggi, è posta. È la solitudine il sentimento prevalente nell’ antico borgo in cui solo da alcuni anni si sta tentando di recuperare le varie strutture in pietra che ancora non sono del tutto crollate. Ecco per esempio quella che dovette essere l’ antica cattedrale – Cerenzia fu lungamente una diocesi suffraganea della vicina Santa Severina – ecco tutta una serie di casette e fra queste una struttura che si, davvero, potrebbe aver ospitato il monastero cistercense. “Nulla – scrive Martirano – è cambiato dopo sette secoli, la selva è sempre oscura, il fiume sembra rallentare il corso delle acque, il dirupo come la bocca di un pozzo è la botola verso l’ignoto”. Che sia stata proprio quest’ampia grotta o una delle tante grotte lungamente abitate da pastori ed eremiti a suscitare nella fantasia di Dante la descrizione dell’ inferno? E se attualmente il fiume che attraversa il territorio di Cerenzia attualmente si chiama Lese, un tempo antico si chiamò con un nome molto simile ad Acheronte, il cocchierio dantesco di “bianco pelo”, dando origine all’antico nome di Cerenzia che fu per più secoli Acerentia come una cittadina quasi gemella della Basilicata: Acerenza. Ancor prima di raggiungere l’ attuale cittadina, una pausa che occorre regalarsi è presso l’ insediamento rupestre costituito da cinque ingressi per quattro antri, uno dei quali servito da due accessi, nella vallata del fiume Lese, fra le zone più anticamente antropizzate, mentre nel centro abitato assume particolare importanza la chiesetta dedicata a San Teodoro il cui interno ad unica navata è arricchita da numerose statue.
Fra i prodotti della terra, quello che è maggiormente gustoso a Cerenzia è l’ olio di oliva che negli scorsi anni ha ottenuto il marchio DOP. Le stesse olive vengono conservate con almeno due ricette. “Le olive schiacciate” che dopo essere raccolte ancora verdi durante la luna nuova di ottobre e schiacciate manualmente vengono riposte in abbondante acqua salata. Dopo essere state asciugate vengono poste in alcuni vasi in terracotta chiamati “salaturi” che ne consentono la perfetta maturazione grazie anche ad un con di mento a base di sale, aglio, peperoncino selvatico. “Le olive nere”, invece, vanno raccolte quando sono molto mature e, cioè, fra febbraio e marzo. Dopo essere state anche loro in acqua salata per almeno quattro giorno ed essiccate per alcuni minuti al forno vengono condite con pepe rosso macinato, semi di finocchio e foglie di alloro.
Francesco Rizza