Cose dell’altro mondo
Raggiungere Pechino è tecnicamente semplice: dedichi tra le 10 e le 11 ore di una tua giornata alla poltroncina dell’aereo e una volta atterrato/a depositi una caparra di 8 ore della tua vita che ti verrà restituita al rientro in Italia per il bilancio del fuso orario; Madre Terra offre il dono del jet lag come in ogni altra occasione in cui hai deciso di girarle attorno a una velocità pratica, ma piuttosto artificiale.
Eppure l’approccio a questa città suscita un misto di curiosità e timore: la questione qui non sta nel superare la distanza geografica, quanto nel prendere le misure con quella culturale perché la sensazione è che Pechino – come città che rappresenta un intero Paese- costringa a fare i conti con un mondo veramente diverso da quello a cui si è abituati, ma non è facile capire se questo derivi da un pregiudizio o sia la realtà nuda e cruda.
Ho deciso di affrontare la questione in un modo che può essere tanto generico quanto specifico, ossia ho digitato “Pechino” su Google e, avendo scoperto che si tratta della più grande città della terra per estensione, ho scoperto anche che il suo nome proprio non è la chiave per avere informazioni di dettaglio. In compenso risulta che il sito dell’Ufficio Nazionale del Turismo Cinese sia il secondo in elenco subito dopo Wikipedia il che, considerando che Google non è accessibile da chi naviga in Cina, è piuttosto ironico.
Da qui la prima questione all’ordine del giorno: la cosiddetta moderna muraglia cinese, il Great Firewall, comporterà delle difficoltà per il mio viaggio? La risposta è no, nonostante la tendenza ad affidarmi a internet più che alla carta stampata e il piacere tutto moderno di poter condividere pensieri di viaggio in tempo reale. Non è questa la sede per addentrarsi in discussioni circa la bontà dello strumento e dell’idea, ma, restando sulle questioni pratiche, questo muro virtuale rende Pechino (e la Cina in generale) una meta comunque percorribile “web alla mano”, purché si sia consapevoli che ciò che è accessibile è informazione nata e cresciuta in Cina; quindi nessun ostacolo per la partenza, ma ci si deve preparare ad un viaggio “alla vecchia” – con notizie stampate su carta- se si vuole contare sui propri riferimenti online e con nessuna anticipazione sull’esito del viaggio sino al rientro in patria, a meno che non si voglia aprire un profilo sui social network locali.
Poi mi pongo una seconda domanda che deriva dalle impressioni che “Il viaggiatore sedentario” di Luigi Malerba ha lasciato in me: sono pronta per attraversare un Paese che è evidente abbia usanze e valori diversi dai miei senza sapere concretamente questa diversità in cosa consista? Provo a trovare la risposta sul già citato sito dell’Ufficio Nazionale del Turismo Cinese e scopro che:
- usiamo metafore diverse: lo spuntare dei funghi è sostituito dai germogli di bambù e i monumenti sono stelle del firmamento della cultura e della Nazione, mentre le nostre simboliche volte celesti tendono ad essere sportive o musicali. Potrebbe sembrare poca cosa, ma se cambi le metafore, allora cambi modo di pensare;
- la capitale custodisce “la Città Proibita, il più grande complesso di edifici del suo genere al mondo; la Grande Muraglia, nota per essere una delle otto meraviglie del mondo; il Tempio del Cielo, il più grande tempio per onorare il Cielo; le tombe Ming, il più compatto gruppo tombale imperiale della Cina”, il che mi lascia con il dubbio se Pechino sia ossessionata dal primato delle dimensioni o se così la vogliano presentare;
- le geometrie cittadine paiono seguire nuovi criteri. Certo non sono un esperto urbanista, ma se si apre la mappa della città di Pechino si ha l’impressione che sia stata disegnata a mano libera e che, quelle che sino a poco fa pensavi essere regole architettoniche universali, potrebbero essere convenzioni del tuo mondo; non è che rette ed angoli siano assenti, ma si ha la sensazione che i tratti siano più morbidi. L’ipotesi (creativa) che con queste geometrie il traffico scivoli meglio, è smentita dalla fama di Pechino come di una città congestionata dal traffico con quest’ultimo che contribuisce a un altro quasi primato della capitale cinese, ossia quello di essere la seconda città più inquinata del mondo;
- per un motivo che (diciamo) risulta incomprensibile, si consiglia ai turisti di ispirarsi al modello del signor Lei Feng, esempio di altruismo dall’anno della sua morte, il 1962. Non credo sia un caso di applicazione del principio “historia magistra vitae”, quanto piuttosto un tratto di cultura politica della Cina, un po’ come il sistema di controllo del web: la Repubblica Popolare Cinese è uno Stato a partito unico governato dal Partito Comunista di Cina il che comporta degli effetti che solo la questione di principio (politico) può rendere accettabili o meno.
Dopo tanto cercare risulta strabiliante notare quanto queste notizie paiano asettiche, come se Pechino fosse un tempio senza i suoi sacerdoti: cosa posso dire di sapere della popolazione di questa immensa città che strabilianti piani futuri vorrebbero rendere ancor più inarrivabile? Forse è proprio questa la difficoltà maggiore per me, occidentale, in viaggio verso la capitale cinese (o forse verso la Cina in generale), ossia l’incapacità di cogliere in un istante la diversità del suo popolo. Solo suggerimenti di business etiquette paiono confermarmi che la mia sensazione di impenetrabile diversità ha un suo fondamento, ma questo non aumenta la mia sicurezza rispetto alla destinazione per cui, per quanto possa cercare di esorcizzare il mio timore sorridendo all’idea che la geografia dell’immensa Cina ricordi la testa di Topolino, devo solo accettare che questa volta la partenza non sarà solo entusiasmo. Per altro questa condizione non cancella neanche un pizzico della mia curiosità e, a questo punto, mi chiedo cosa mettere in programma per conoscere Pechino e provare a superare i suoi muri.
Laura Alice&ilGatto Antoniolli