Il profumo delicato dei caraibi
Settembre ha portato voglia di mare, ma più che di minuscole spiagge nascoste tra insenature, di chilometri di sabbia in luoghi lontani. Mi sono balzati in mente i Caraibi e, visto che il mestiere del viaggiatore è fatto soprattutto di ricerca, ho deciso che era venuto il momento di trovare una meta che non mi fosse così facile definire, una di quelle di cui si dice il nome, ma non è detto che se ne conosca l’essenza. E’ stato così che sono incappata in Antigua e Barbuda.
Come se non bastasse il fascino dell’ignoto, ho scoperto che sono uno Stato che fa parte delle Piccole Antille, quell’arcipelago a forma di arco che dal Porto Rico scende verso sud fino alla costa venezuelana e che rappresenta il limite geografico fra il mar dei Caraibi e l’oceano Atlantico: una terra che è confinata dal mare e che del mare cerca di essere confine. Affascinante. E poi vorrei vedervi a dire di no ad un paesaggio fatto da isole che sembrano cicciose stelle marine appoggiate placide sul fondale, con vegetazione verde tra cui svettano le palme e gli alberi delle barche a vela, poche case per lo più a due piani con porticati in legno e colori vivaci e una temperatura che oscilla intorno ai 27° nel periodo del duro inverno. Soffro il caldo, ma prenoto subito un’amaca fronte oceano per Gennaio. Per scegliere tra le 365 spiagge (“una spiaggia al giorno, leva il biglietto aereo di ritorno”) di cui si dice disponga Antigua, lancerò una moneta.
Vediamo però di evitare ogni fraintendimento: coglie il punto la guida “The Treasure Islands” quando parla di Barbuda come “isola delle spiagge”, di fatto disabitata e destinazione ideale per chi vuole contemplare le fregate nel santuario loro dedicato, mentre quando sottolinea l'”atmosfera sofisticata e rilassata” di Antigua, “che rimanda alle sue origini storiche ed alla lunga e ininterrotta dominazione inglese”, tende ad estendere le impressioni che può suscitare la capitale St. John’s a tutta l’isola, per quanto non si possa sottovalutare l’influenza del principale centro- plasmato anche dai ritmi delle navi da crociera e dal suo essere ombelico di un cosiddetto paradiso fiscale- in particolare sulle strutture della ricettività turistica.
Arrivare è semplice perché non ci sono dubbi amletici da risolvere: si atterra a circa 8 km dalla capitale di Antigua e si può optare per taxi, bus o noleggio auto; si parla in inglese e, per quanto la moneta locale sia il dollaro dei Caraibi orientali, si può pensare di viaggiare anche con i dollari americani, valuta spesso considerata anche per esporre i prezzi. In ogni caso i conti sono facili e basta prendere la cifra del conto e dividere per 3 in un caso e aggiungere un 10% nell’altro ed ecco il corrispettivo in euro.
A questo punto ci sono diverse opzioni da prendere in considerazione.
La via più diretta prevederebbe di puntare dritto verso St. John’s e di iniziare a spostarsi in modo da unire tutti i puntini rappresentati dalle spiagge dell’isola, eppure Antigua ha anche altro da offrire. Per esempio non si può dimenticare la presenza lungo le coste, in particolare quelle orientali e meridionali, della barriera corallina e dei relitti delle navi che hanno incautamente tentato di superarla, che diventa motivo più che sufficiente per imbracciare pinne, maschera e almeno il boccaglio e dedicarsi ad un po’ di sano snorkeling, se proprio non volete lanciarvi in un’immersione. Attenzione però a non andare in cerca di scenari da Mar Rosso o Australia, perché quella è la strada della delusione.
In alternativa alle attività in natura si può puntare a Sud verso English Harbour, località che prende il nome dal vicino porto dove la Royal Navy ebbe la propria base durante il diciottesimo secolo e nota per il Nelson’s Dockyard, l’unico cantiere navale georgiano restaurato al mondo. Se, invece, appartenete alla categoria dei nostalgici e sognatori, allora una visitina alla Betty’s Hope Historic Sugar Plantation è da inserire nel vostro programma di viaggio: tra campi di canna da zucchero, due grandi mulini a vento ristrutturati ospitano i macchinari che venivano usati per la lavorazione di questa pianta e un piccolo museo richiama la sua storia, modellata dal colonialismo e dal lavoro degli schiavi.
Infine, se le alberature navali sono tanto prospere lungo le coste di Antigua, sembra ragionevole supporre che la nautica abbia un ruolo di punta nella vita dell’isola ed effettivamente così è, visto il fiorire di eventi e manifestazioni legati alla vela, alla pesca e alla navigazione in ogni sua forma.
Arrivati sin qui e pensare di non fare una capatina a Barbuda è inconcepibile: volo interno di un quarto d’ora o traversata in barca di 90 minuti per superare i 40 km che ci separano dalla seconda isola dello Stato, per estensione e per questioni di alfabeto (ce ne sono altre 35, ma per scoprirle ci vorrà una ricerca successiva). Se andate di fretta, potete accontentarvi di una sola parola: oasi di pace.
Se dopo tutto questo parlare non foste ancora convinti del fascino della destinazione, vi consiglio di guardare qualche foto di Margo Davis, che, anche se non proprio recenti, il profumo di Antigua ve lo fanno assaporare.
Laura Alice&ilGatto Antoniolli